Secondo le stime Istat riferite al 2023:
- il 9,7% della popolazione, pari a 5,7 milioni di persone (oltre 2,2 milioni di famiglie), vive in povertà assoluta
- il 22,8%, ovvero circa 13,4 milioni di persone, è a rischio di povertà o esclusione sociale
- la povertà relativa familiare è stabile al 10,6%, mentre quella individuale è in crescita e coinvolge l’14,5% degli individui, ovvero quasi 8,5 milioni di persone.
Povertà assoluta e relativa: cosa significano?
- Povertà assoluta: una famiglia è considerata povera se la spesa per consumi è inferiore al valore monetario di un paniere di beni e servizi essenziali.
- Povertà relativa: misura il disagio economico in relazione al reddito mediano nazionale. Una famiglia è considerata povera se il suo reddito è inferiore al 60% del reddito mediano.
Nel 2023, la soglia di povertà relativa per una famiglia di due persone è stata pari a 1.210,89 euro mensili.
Il Fenomeno della povertà
La grave deprivazione materiale è in crescita (+4,4%). Nonostante l’aumento dell’occupazione nel 2023 (+2,1%), l’effetto inflattivo (+5,9%) ha colpito duramente le famiglie meno abbienti.
Le famiglie con più figli sono quelle più colpite:
- 20,1% per le famiglie con 5 o più componenti
- 21,6% per famiglie con 3 o più figli minori
Anche le famiglie monogenitoriali registrano valori elevati di povertà assoluta (12,5%).
Essere bambini: un fattore di rischio
La povertà assoluta riguarda 1,3 milioni di minorenni, con un’incidenza pari al 13,8%, contro il 9,7% della popolazione generale. I valori sono più alti nel Mezzogiorno (15,5%).
Le famiglie con bambini in povertà sono:
- quasi 748.000 famiglie in totale
- le più vulnerabili sono le famiglie numerose (18,8%) e quelle dove convivono più nuclei familiari (25,6%).
Divari di reddito e disuguaglianze
Nonostante un miglioramento delle condizioni materiali, la distribuzione della ricchezza rimane ineguale:
- in Italia, l’1% della popolazione più ricca guadagna più di 100.000 euro l’anno, mentre la maggioranza dichiara un reddito inferiore ai 20.000 euro
- l’indice di Gini, che misura la disuguaglianza del reddito, è 29,6% (dato 2022), indicando una concentrazione persistente della ricchezza in poche mani.
Le Risposte politiche
Le crisi economiche del 2009 e del Covid-19 hanno evidenziato le debolezze del sistema di protezione sociale italiano, ancora troppo frammentato. Le principali misure di contrasto alla povertà, come SIA, REI, RdC e ADI, si basano su un principio di attivazione lavorativa, ma non tengono conto di tre questioni fondamentali:
- mancanza di domanda di lavoro adeguato: salari bassi, contratti instabili e disomogeneità territoriale
- povertà lavorativa: avere un lavoro non sempre protegge dalla povertà (il 12% dei lavoratori è povero)
- misure inadeguate di conciliazione penalizzano soprattutto l’occupazione femminile e i nuclei monoreddito con figli.
La povertà non è una responsabilità individuale, ma un fenomeno complesso e socio-economico, aggravato da un discorso pubblico spesso moralizzante, che distingue tra poveri “meritevoli” e “non meritevoli”, spostando l’attenzione dalle cause strutturali del problema.
Conclusioni
La povertà in Italia, stabile nei numeri ma grave nelle sue conseguenze, colpisce soprattutto bambini, famiglie numerose e lavoratori con redditi bassi. Per affrontare il fenomeno, è necessario un cambio di prospettiva che riconosca la povertà come un problema sistemico e non individuale. Solo politiche più strutturali ed efficaci potranno contrastare questo circolo vizioso, garantendo una maggiore equità sociale e un futuro più dignitoso per tutti.