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Ritorna al futuro

I diritti non sono più di moda?
Unisciti a noi e ritorna al futuro.

“Ritorna al futuro” è un grido con cui vorremmo chiamare all’azione quante più persone possibili per far tornare di moda i diritti, di tutti e per tutti, che vuol dire in primo luogo tornare a parlarne e acquisire nuova consapevolezza come persone e cittadini.

Parità di genere, politiche giovanili, lavoro sociale, diritti dei migranti e delle famiglie, qualunque forma esse abbiano: l’amara consapevolezza che questi temi siano di moda quanto i pantaloni a zampa nasce dalla nostra familiarità con essi, frutto del lavoro quotidiano dei nostri oltre 400 operatori.

Si tratta di temi che non coinvolgono solo le cosiddette fasce “fragili”, ma ci riguardano tutti, soprattutto dopo la lunga crisi economica e la pandemia che hanno colpito anche il nostro Paese. Eppure, nella società dell’informazione, non riescono a entrare nel dibattito pubblico, come se non riguardassero noi, la nostra quotidianità, le persone vicine.

Il ruolo della cooperazione sociale, per come la intendiamo, è anche fare cultura e informazione, e il primo passo verso la partecipazione è stimolare le persone a prendere consapevolezza delle sfide sociali da affrontare.

Tutti possiamo fare la nostra parte, nessuno escluso, anzi forse ormai è una scelta irrinunciabile per non vedere il terreno dei diritti erodersi sempre più velocemente e un minimo benessere personale e sociale diventare privilegio di pochi.

Una risata, per quanto amara, seppellirà le diseguaglianze: questa la nostra scommessa, unisciti a noi!

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Il lavoro Perfetto? Nessuno!

Per anni il dibattito pubblico sul lavoro si è concentrato principalmente sulla sua assenza o sulle sue condizioni, senza mai mettere in discussione il suo valore nelle società occidentali e nella costruzione delle nostre identità personali. Ma oggi, questo paradigma sembra iniziare a cambiare.

La Crescita dell’Occupazione e le sue Contraddizioni
Secondo il Rapporto ISTAT 2024, l’occupazione in Italia è cresciuta del 2,3% dal 2019, riflettendo una tendenza espansiva che ha permesso di superare i livelli pre-Covid. Tuttavia, il tasso di occupazione, che si attesta al 61,5%, rimane uno dei più bassi d’Europa. Questo divario è principalmente dovuto a due fattori: il basso tasso di occupazione femminile (52,5%) e la disomogeneità tra il Nord e il Sud del Paese.

Anche se il numero di ore lavorate è cresciuto (+3,8%), le condizioni lavorative non sono migliorate allo stesso ritmo. Le retribuzioni, in particolare, hanno registrato una crescita molto lenta: dal 2013 sono aumentate solo dello 0,9% annuo, con un aumento complessivo del 16%, ben al di sotto della media europea. Il potere d’acquisto in Italia è diminuito del 4,5%, rendendola l’unica tra le grandi economie ad avere retribuzioni reali inferiori rispetto a 10 anni fa.

La Povertà Lavorativa
I bassi livelli di retribuzione e la crescente precarietà lavorativa hanno portato a un fenomeno sempre più diffuso: la povertà lavorativa. In Italia, il 12% dei lavoratori vive in questa condizione, una quota in aumento che colpisce soprattutto migranti, giovani e donne. La combinazione di contratti a tempo determinato, part-time e bassi livelli di istruzione contribuisce a esporre questi gruppi al rischio di povertà.

Il Cambiamento nella Percezione del Lavoro
Accanto a queste problematiche economiche, si sta assistendo a un cambiamento significativo nella percezione del lavoro, in particolare tra i giovani, ma non solo. Il ruolo centrale che il lavoro ha avuto nella costruzione delle identità sociali sta perdendo terreno. La meccanizzazione e la digitalizzazione hanno fatto emergere una crescente sensazione di inutilità del lavoro, aggravata dalla pandemia, che ha reso molti lavori “superflui” e facilmente eliminabili.

La società contemporanea, dominata dal capitalismo di consumo, spinge il lavoro verso una maggiore produttività, colonizzando anche il tempo libero con modelli di consumo immateriali, come i social media e le piattaforme streaming. Questo fenomeno erode i confini tra lavoro e vita privata, che diventa una merce.

Le “Grandi Dimissioni” e il “Quiet Quitting”
Due fenomeni che riflettono il cambiamento nel rapporto con il lavoro sono le “Grandi Dimissioni” e il “Quiet Quitting”. Mentre negli Stati Uniti, le grandi dimissioni hanno visto un numero significativo di persone abbandonare il lavoro dopo la pandemia, in Italia si è osservato più che altro un aumento della mobilità alla ricerca di posizioni lavorative migliori.

Il “Quiet Quitting”, fenomeno legato soprattutto alle giovani generazioni, si traduce invece nella scelta di fare il minimo indispensabile sul lavoro, senza investire tempo ed energie extra nella carriera. Questo riflette un distacco dal modello di costruzione dell’identità basato sul lavoro e un ripensamento del ruolo che il lavoro dovrebbe avere nella vita di ciascuno.

La Qualità del Tempo: Lavoro e Vita Privata
Questi cambiamenti suggeriscono che il vero problema non è solo la quantità di tempo libero o di lavoro, ma la qualità di entrambi. In un sistema che valorizza il lavoro come mero strumento di accumulazione di risorse, viene meno il suo potenziale di creare legami sociali, comunità e cultura. Il dibattito sul lavoro, dunque, non può limitarsi alla sua quantità o alla sua retribuzione, ma deve affrontare la necessità di ripensare il lavoro come spazio di relazioni, crescita personale e sociale.

Conclusioni
Il valore e il ruolo del lavoro nelle nostre vite stanno cambiando. Mentre il mercato del lavoro affronta sfide strutturali come la precarietà e la povertà lavorativa, la società sembra mettere in discussione il significato stesso del lavoro come elemento centrale dell’identità. In questo contesto, ripensare il lavoro non solo come strumento economico, ma come spazio di comunità e di relazioni, può rappresentare una sfida e un’opportunità per il futuro delle nostre società.

Leggi qui la scheda di approfondimento

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