È buio fuori e si sente che è arrivato l’inverno, è bello stare chiusi in casa. In comunità sono tutti indaffarati con le faccende della sera, i bambini finiscono i compiti mentre le ospiti in casa si apprestano a preparare la cena.
Marta oggi ha il turno serale ed è contenta che potrà sentire subito le notizie di Karima, finalmente lei e i piccoli sono pronti a lasciare l’accoglienza e possono cercarsi una casa solo per loro, dopo anni di condivisione e di un impegno stoico nel risparmiare.
“Quando torna la mamma?” le chiedono i bambini, “non credo che tarderà ancora molto, aveva l’appuntamento alle cinque e non era troppo lontano da qui” risponde Marta.
Neanche a dirlo si sentono le chiavi nella toppa, in un vociare di bambini e voci femminili c’è uno scambio di saluti. Marta va incontro a Karima, “allora com’è andata?”, Karima fa un cenno con la testa come a segnalare che non può rispondere e si allontana con i bambini per salutarli e sentire i loro racconti della giornata.
Più tardi va sul balcone a fumare, Marta la raggiunge. “Scusami Marta sarei potuta tornare un’ora fa ma ho avuto bisogno di fare due passi”, “non me l’hanno neanche fatta vedere la casa”.
Prima di continuare si rimette la sigaretta in bocca e aspira in silenzio. “Mi hanno chiesto se non ho un marito e detto che con una sola busta paga non potevano perdere tempo a mostrarmi l’appartamento”.
Marta le mette una mano sulla spalla, senza parole, accoglie la delusione e lo sconforto palpabili nell’aria. “Mi dispiace”, le dice. “Ti posso accompagnare al prossimo appuntamento?”, “certo mi fa piacere”, “però se non ti spiace per stasera chiuderei qui l’argomento”.
Il giorno dopo Karima e Marta chiamano diverse agenzie, alcune riagganciano senza dilungarsi nel dare spiegazioni ma torna sempre il tema della busta paga unica.
Karima e le educatrici cominciano a girare agenzie andando di persona, alcuni con educazione dicono che i proprietari non si fidano a fare un contratto ad una donna sola con due figli “bisogna anche capirli”; altri senza pietà commentano la busta paga di Karima, sottolineando “ma scusa tuo marito non ti dà un assegno?” o suggerendo …“chiedi la casa popolare”, “cercati un garante”.
Inutile commentare, inutile rispondere che potrebbero passare decenni prima di avere un alloggio pubblico, che avere un garante è un lusso che non tutti hanno.
I mesi passano e Karima si sente senza speranza. Il suo tempo in comunità è ora che finisca ma come fare?
Un giorno per caso racconta la sua situazione al suo datore di lavoro che con sua sorpresa, con generosità e fiducia nei suoi confronti si offre di farle da garante.
È passato un intero anno da quel primo appuntamento, ma finalmente Karima può salutarci, ha una nuova casa, tutta sua.