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Mi chiamo Nadine Cavaliere, lavoro con La Grande Casa da un anno. Mi occupo di due servizi: l’Educativa scolastica in due scuole superiori a Monza e la Mondialità, cioè il progetto di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo denominato SAI, nella zona di Vimercate.

Una delle esperienze che più mi è rimasta a cuore e formata, è la prima come educatrice scolastica in una scuola materna.
Nei mesi di giugno e luglio 2022 mi è stato assegnato il caso di una bambina autistica. Era la prima volta che mi relazionavo con dei bambini così piccoli, avendo avuto solo esperienze lavorative nell’ambito della Mondialità.
Il primo impatto con Diana è stato abbastanza traumatico. Per tutto l’anno la bambina non aveva mai avuto un educatore fisso, quindi non era mai riuscita a stringere una relazione con un adulto che non fosse la sua insegnante di sostegno. Le prime settimane le ricordo come difficilissime, fatte di pianti, capricci e fughe dalla classe. Mi è rimasto impresso il momento in cui la prima volta mi ha guardata negli occhi. Ero emozionata e intimorita allo stesso tempo. Quanto ci avrei messo a ritrovare spontaneamente quello sguardo per più di qualche secondo? Col passare delle settimane Diana ha iniziato ad accettare la mia presenza e a riconoscermi come figura di riferimento. Il giorno in cui ho realizzato che qualcosa nel nostro rapporto era cambiato è stato quando la sua insegnante di sostegno è entrata in classe per darmi il cambio e Diana con gioia la chiamò ricordandole di salutarmi.
Quello è stato un piccolo gesto che in quel momento mi ha fatta sentire finalmente accettata da Diana e ho realizzato che la relazione con le persone con cui lavoriamo si costruisce pian piano, con pazienza, attenzione ed empatia, nonostante le fatiche iniziali. Riuscire a entrare in relazione è ciò che dà valore a questo lavoro.

Sceglierei le parole empatia, pazienza e passione, per descrivere il mio lavoro. Si basa sulla relazione e, per costruirla, occorre appunto entrare in empatia con l’altro, comprenderlo e accoglierlo. Cosa non sempre semplice, che si tratti di adulti o minorenni. Nei momenti di difficoltà è facile giudicare un comportamento sbagliato, scoraggiarsi… Specialmente nell’ambito della Mondialità, in cui ci si interfaccia con persone di nazionalità e culture diverse. Penso però che la pazienza e la volontà di accogliere e comprendere facciano la differenza. Infine, la passione è ciò che mi dà la motivazione per lavorare con attenzione e cura, superando le difficoltà e le fatiche che si presentano.

Ciò che apprezzo del mio lavoro è che permette di crescere ogni giorno: costruire delle relazioni significa approfondirle pian piano, scoprire cose nuove dell’altro e di noi stessi, mettendosi in discussione. Ne amo la dinamicità, che permette di vivere le situazioni più diverse e insolite in una sola giornata.

Come già accennato, le relazioni non sono semplici. Gestire il conflitto è sicuramente parte delle difficoltà di questo lavoro. Relazionarsi con qualcuno porta sempre un rischio, e non si è mai certi di dire o di fare la cosa migliore possibile in quel momento.
Personalmente mi capita di ripensare spesso a delle situazioni che vivo e dirmi “avrei potuto gestirla meglio o diversamente”.

Lavorare con La Grande Casa è una bella opportunità sotto diversi aspetti. Vedo attenzione e cura nella gestione dei servizi e soprattutto nel rapporto con le persone che accogliamo e accompagniamo. Come dipendente, apprezzo molto l’attenzione verso i nostri bisogni, la disponibilità e la flessibilità. Ne La Grande Casa si dà molto spazio al confronto tra gli operatori attraverso équipe e formazioni, occasioni per me fondamentali di unione, partecipazione, riflessione e aiuto reciproco.

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